“Che ci fa una valdostana a Roma?” – Parte 1

A 25 sono tornata a Saint-Vincent, dopo aver vissuto per anni a Torino, per lavorare. Un lavoro con paga fissa, nessuna prospettiva di carriera, ma che ti sistema. Addio sogni da attrice, “fai l’adulta”.
Da subito, è stato durissimo. Alcune mie colleghe più anziane mi hanno fatto un mobbing serratissimo. Io ci sono stata molto male. Un po’ mi sono ribellata, ho rivendicato la mia libertà di essere com’ero a testa alta (tingendomi i capelli di un vistosissimo arancione fluo, meraviglioso, e poi rasandomi su una tempia), dall’altra ho sofferto molto, sono ingrassata, mi sono trascurata. Fuggivo a Torino ogni volta che potevo. A un certo punto sono subentrate delle colleghe giovani, con cui ho legato tantissimo.
Quell’anno giravano Avengers nella mia regione. Andando al lavoro, a piedi, passavo davanti alla sede operativa della produzione. La casting mi chiamò, mi volevano per una giornata, serviva un’attrice per i piani di ascolto (ovvero: che viene ripresa mentre parlano gli altri, ma che si vede dal viso che prova qualcosa alle loro parole. L’emozione, ovviamente, dipende dal contesto). Io mi sentivo volare. Lo vedevo come un segno: sì, dovevo fare l’attrice. Per quanto mi allontanassi e perdessi le speranze, ecco che Hollywood arrivava a casa mia, e volevano me.
Fu bello, ma, poi, riatterrai bruscamente. Dal lavoro non mi concessero la giornata libera. Fine di tutto. Mi arrabbiai, ci soffrii, ma non ci fu nulla da fare.
Le mie colleghe giovani erano precarie, si sapeva già che l’anno dopo non ci sarebbero state. Quelle che mi facevano mobbing mi facevano già capire che l’anno successivo sarei stata sola, in loro balia, e sarebbe tornato tutto come prima.
Allora mi sono detta “ma perché sto qui a lasciare che altre persone mi trattino male e distruggano i miei sogni”. E me ne sono andata a Roma. Ciao ciao, non mi avrete mai come volete voi.
Perché lo racconto?Se fossi stata bene, o così così (lavoro che non fa impazzire ma non è neanche male, colleghe con cui non si è amiche ma nemmeno nemiche ecc) a quest’ora sarei ancora lì. Ogni giorno vedrei le stesse persone, avrei un’idea chiara del mio futuro. Ben poco sarebbe in balia degli eventi. Il covid sarebbe stato l’unico grande scossone. Per fortuna, invece, stavo malissimo, e questo ha fatto sì che scappassi e facessi così la scelta più coraggiosa e felice della mia vita.

Sì, direte voi, bello tutto, hai lasciato Saint-Vincent e quella situazione per Roma, e poi?
E poi è una gran fatica. Faccio tanti lavori. L’attrice è tra questi ma pochissimo rispetto a quanto vorrei.
Insomma no, non è una storia di successi. E allora perché raccontarla? Perché comunque racconta qualcosa. Che ci sto provando, anche se quasi tutto è contro di me. Che non è facile, eppure sono sempre qui a farlo. Dite che sono una sognatrice? Naaa, che ingenuità. Io non sono a Roma a faticare così perché sono una sognatrice, ma perché sono tenace, perché so, sento che sono attrice, e non posso fare a meno di cercare il più possibile di aiutarmi a fare l’attrice, cioè, in sostanza, campare di questo.
Ci ho provato a fare altro, non funziona.
Per questa cosa qui, per come la vedo io, il finale è ancora aperto.
Fare l’attrice quindi è solo un’esigenza egoistica? Anche. Ma soprattutto per altro. Ma di questo ve ne parlo domani.

Prima di andare a vivere a Roma ci ero stata 4 volte.

La prima a 16 anni, per manifestare. In sostanza, non ho visto nulla.

La seconda per l’Onda Anomala. Più o meno come la prima volta.

La terza: un giorno ho conosciuto sul treno per Torino due ragazzi romani che tornavano dalle vacanze in Valle d’Aosta, due amanti della montagna. Abbiamo parlato molto. Uno dei due poi mi aveva scritto una lunghissima lettera. Quando ho avuto una settimana di vacanza dal lavoro gli ho chiesto se poteva ospitarmi e sono andata a Roma. Sono stata incosciente dite? La vacanza è stata stra bella.

La quarta. Una mia amica mi ha ospitata qualche giorno, ma essenzialmente ho seguito un corso di recitazione e ho fatto un aperitivo al Pigneto senza capire troppo bene dove si trovasse esattamente.

Quando mi ci sono trasferita la prima difficoltà è stata: ricerca casa per quartieri. Ok. Ma io non ne conosco nessuno.

Ho cercato qualcosa con una metropolitana vicino. Inutile dire che stavo in culo a Giove. L’anno dopo mi sono spostata a piazza Malelatesta. E poi di nuovo. E di nuovo. In pratica faccio un trasloco all’anno. Quest’anno non mi sono mossa io ma ho fatto quello dei miei.

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